venerdì 30 agosto 2013

Che cosa spinge un padre a uccidere il figlio?

I litigi erano quotidiani. Un figlio di 36 anni e un padre con il doppio esatto della sua età.

A 36 anni ti senti invincibile, immortale: pronto a sfidare il mondo. Non c'è lavoro. Non si ha una casa propria. Non si riesce ad avere una relazione stabile. Ma non importa: a 36 anni non ti senti "nel mezzo del cammin di nostra vita" come il Sommo Poeta. A 36 anni oggi ti senti semplicemente giovane.
Mio padre non poteva capirmi. Mio padre voleva lavorassi: come se trovare lavoro fosse semplice. Gli chiedevo dei soldi. Tanti soldi, è vero. Li chiedevo spesso. Ma avevo voglia di divertirmi: bere, fumare, stare con gli amici. Non volevo diventare un vecchio frustrato come lui. Attaccato ai suoi soldi come se uno se li dovesse portare nella tomba. Alzava spesso le mani su di me: da piccolo ne avevo il terrore. Ma ora no. Ora non mi spaventava più... Fino all'altra sera. Gli ho chiesto dei soldi e mi ha vomitato addosso tutto il rancore che aveva verso di me, trattandomi come un fallito. Urlava e urlava. Ora è sceso il buio. Non credevo di morire a 36 anni. Non credevo di morire ucciso con un'accetta da mio padre.

Liberamente tratto da una notizia di cronaca del 28 agosto 2013